Notizie storiche
QUADRO GENERALE GEOGRAFICO-FISICO SULLA VAL CAMONICA DELL’800
Tratto da “Storia della Valle Camonica” di Bortolo Rizzi
La nostra Valle ebbe il nome di Camonica dal popolo Camuno, parte degli Euganei, che dalla più remota antichità l’abitò; e fu nota ai Romani fin dai tempi della Repubblica, come una nazione forte e bellicosa. Essa si distinse sempre in tutti gli avvenimenti politici e guerreschi, a cui prese parte; il valore e la fermezza non le vennero mai meno. Dal tempo che vi fu introdotta la religione cristiana, senza veruna interruzione, fece parte della diocesi di Brescia. Anche per quel che spetta al regime civile, fin dal 729, appartenne all’agro bresciano.
Se non che, il 24 novembre 1797, un decreto della repubblica francese smembrò la Val Camonica in tre parti, assegnandone la superiore alla Valtellina; quella a destra dell’Oglio a Bergamo; quella a sinistra a Brescia. Nel 1798 l’intera Valle veniva aggregata alla Valtellina; ma nel 1801, tolta alla Valtellina, era tutta aggiunta alla provincia di Bergamo.
Ma questa aggregazione non era naturale; e perciò ne soffrivano ad un tempo gli interessi della Valle e quelli della provincia di Brescia. Vivo però si manteneva nei Valligiani il desiderio di riunirsi alla madre patria; ed è per questo che Pisogne, con un ardimento che parve temerario, concepì il disegno di congiungere la Val Camonica a Brescia per mezzo di una strada, la quale seguisse la riva sinistra del lago. Era una via di circa 10 chilometri, che si dovea aprire quasi interamente in duri ed enormi macigni, in alcuni luoghi tagliati a perpendicolo sulle acque. Pisogne vi diede principio nel 1828; e nel 1850 la strada era compiuta. Costò 558 mila lire; Pisogne vi concorse per 192 mila lire; i Comuni della Valle Camonica e del Bresciano per 252 mila lire; per 30 mila Brescia; per 74 mila il pubblico erario; la Valtellina per 10 mila. I Comuni della Val Camonica, avendo presso che tutti i loro interessi commerciali con Brescia, il 17 gennaio 1844, presentarono al viceré una supplica, per essere aggregati alla stessa provincia, anche nel civile; e sugli ultimi di giugno 1845, non avendo risposta, facevano un secondo reclamo, allegando tre nuovi fatti:
1) il rifiuto che l’Ospedale di Bergamo esercita a danno dei cronici e dei pelagrosi della Val Camonica
2) il rifiuto di quello ospedale di accogliere i trovatelli, che non possono essere, per mancanza di mezzi, ricevuti dall’Ospedale di Malegno;
3) la privazione dei sussidi dell’ Istituto Scolastico di Brescia, ai quali la Valle avea diritto, perché non piccola parte del fondo destinato alla pubblica istruzione formatasi, per decreto 7 settembre 1797, coi beni delle confraternite religiose della Val Camonica.
Anche le L.L. Eccellenze Monsignor Carlo Domenico Ferrari, nel 1846, e Monsignor Girolamo Verzieri, nel 1851, appoggiavano vigorosamente i voti dei Camuni. I Camuni rinnovarono più tardi le loro istanze, le quali questa volta sarebbero state forse esaudite; ma le armi alleate, il 24 giugno 1859, liberavano l’Austria dalla briga di concedere quel che la stessa giustizia non meno della convenienza esigeva, e che essa si ostinava a rifiutare: il governo nazionale, con legge 23 ottobre 1859, faceva paghi i nostri voti.
POSIZIONE e CONFINI
Nei tempi antichi la Val Camonica si estendeva alquanto più di quel che ora si estenda. Anche la Valle di Scalve le era unita; i luoghi di Lovere, Bossico, Costa Volpino, Ardesio, Clusone e Gromo ne fecero parte. Ai nostri giorni ha principio là dove cominciano le gallerie della strada fra Pisogne ed Iseo; e, sempre circoscritta dalle montagne, sale fino al Tonale; e di là discendendo arriva fino alla Valle di Corti, non lungi da Lovere. Anzi il Comune di Rogno, nel 1838, si è staccato dal distretto di Breno, venne unito a quello di Lovere e ancora ora continua a far parte del Bergamasco.
IDROGRAFIA
La Val Camonica è solcata in tutta la sua lunghezza dall’Oglio, uno fra i principali fiumi della Lombardia, e la divide in due quasi perfette metà. Ha origine nel laghetto Nero, sul monte Gavia, e nel laghetto Ervalle, sul Corno dei Tre Signori; gli sono tributari altri rivoli scendenti dal Tonale: e riunendosi tutte queste acque a Pontedilegno, l’Oglio comincia a diventare fiume. Continuando il corso, è ingrossato da un gran numero di torrenti e di valli, e va a mettere foce nel lago d’Iseo. È attraversato, entro la Valle, da una ventina di ponti, alcuni dei quali di bella architettura e assai solidi. Contiene alcuni pesci; e la sua trota, che ha la carne di color rossiccio, è squisita.
CLIMA
Aria asciutta ed elastica nei paesi di montagna ed anche al piano. I venti di tramontana e di occidente mantengono sereno il cielo per circa due terzi dell’anno. Frequentissimi i cambiamenti di temperatura, che attirano correnti d’aria; notevole la differenza fra la massima temperatura diurna e notturna dello stesso giorno.
SUPERFICIE E POPOLAZIONE
Copio alla lettera quanto ne dice Odorici nelle “Storie Bresciane”: ” La più estesa delle nostre vallate, quella che più risale ai gioghi settentrionali è la Camunia, che è quanto dire la più celebre delle lombarde”.
La Valle si estende 1281 chilometri quadrati, ed è popolata da presso che 58 mila abitanti, nel 1803 erano 40 mila e nel 1844 furono 48.532; circa 45 anime per chilometro quadrato.
Gente sana e di robusta costituzione fisica, atta alle fatiche, usa ai disagi e tollerante; non mancano tuttavia, in alcuni luoghi, i cretini. In essi l’esercizio delle facoltà intellettuali è quasi interamente nullo. Quanto al carattere ed alle costumanze dei Camuni, scriveva nel 1842 il sig. Gianantonio Guarnieri nelle “Osservazioni statistiche sulla Valcamonica”: “Il carattere dei montanari di questa Valle è l’amore alla fatica; ed il contadino nutre ognora un estremo desiderio di acquistare qualche pezzo di terra, motivo che lo porta al risparmio ed alla indefessa fatica, a differenza dei villici delle pianure, che vivono alla giornata senza alcun pensiero. Questo desiderio di acquistare nasce dalla natura stessa dei paesi poveri, nei quali li abitanti sono tutti piccoli possidenti, e li terreni divisi in piccole porzioni, per cui ognuno che vuole usare dell’economia può fare qualche acquisto e da ciò nasce egualmente che questi montanari sono molto attivi nel coltivar li propri piccoli possedimenti, e li fanno rendere più che altrove. In generale questi abitanti hanno un misto di sobrio e di allegro, ma non sono molto loquaci”.
ANIMALI
Precipui animali utili sono le giovenche, i cavalli, i muli, gli asini, le pecore, le capre, i maiali; fra i selvaggi la lepre, la volpe, il martoro, il tasso, la donnola, il camoscio, rarissimi i lupi. Pochissime specie di uccelli sono permanenti nella Valle; quasi tutti sono di passaggio o vi dimorano soltanto nell’estate.
Nel fiume, nei torrenti, nelle valli, nei piccoli laghi si pescano trote, tinche, pesce persico, gamberi, rane. Il baco da seta viene allevato con somma cura dappertutto, eccetto nelle parti montuose, dove non alligna il gelso. La cultura delle api dovrebbe avere maggiore estensione, specialmente ne’ luoghi, dove si semina il grano saraceno, molto opportuno e caro a tali insetti preziosi, che con piccola spesa e cura ci danno miele e cera.
VEGETALI
Svariatissime piante vi allignano spontaneamente e per coltivazione. L’olivo inargenta le pendici di Erbanno, Pian di Borno e Gorzone; la vite ed il gelso prosperano fino a 700 metri; il castano e il noce sino a 900 metri; pesche, fichi, prugne, albicocche, mandorle, ciliegie, pomi, pere, nocciole; il pioppo, l’ontano, la quercia, il faggio, la betulla, l’acero, l’abete, ed il larice.
A 2000 metri termina la vegetazione arborea; al di là soltanto qualche rado arbusto e praterie nell’estate; a 2500 metri neve perpetua. Nelle parti piane più della metà del suolo è dato alla coltivazione del grano turco, che fra i cereali occupa il primo posto. In alcuni terreni forti, sebbene fosse più conveniente la rotazione agraria, quasi ogni anno si semina questo grano, perché il contadino lo preferisce ai prati, ai foraggi e ad ogni altro prodotto. Frumento, segale, orzo, grano saraceno, lino, canapa, legumi, verdure da cucina, patate, rape, tartufi e funghi.
PUBBLICA ISTRUZIONE
Molto diffusa; poiché non solamente nei capoluoghi di Comune, ma anche nelle singole frazioni sono scuole pubbliche primarie, pei maschi e le femmine, in numero più che sufficiente al bisogno.
Non se ne trae però l’utile, che si avrebbe diritto d’aspettarne: e questo per la negligenza dei genitori, i quali essendo essi ignoranti, non sono solleciti a procurare alla prole, col comando e con scrupolosa sorveglianza, il massimo dei vantaggi, l’educazione della mente e del cuore.
Scuole tecniche, pareggiate alle regie, esistono a Breno; Pisogne ha il suo Collegio Mercanti; Istituti di educazione per le fanciulle sono in Breno, Darfo e Cemmo; in molti Comuni, nella stagione invernale, si aprono scuole serali, per gli adulti idioti.
INDUSTRIA
Primaria ricchezza della Valle è l’industria del ferro. In più di cento fucine a grosso e piccolo maglio, spurga la ghisa e si riduce in acciaio, verghe e lamine.
Tiene in secondo luogo l’industria serica (pertinente alla seta) ed anche famiglie private hanno in casa fornelli isolati per la filatura dei loro bozzoli.
Non mancano altre industrie minori. Concerie di pelli sono in Breno, Pisogne, Vione e Ponte di Legno; fabbriche di cappelli a Capo di Ponte; qua e là fornaci di stoviglie, di tegole, di mattoni, di calce e gesso; seghe di legnami e di marmo; telai pei tessuti di cotone, di lino, di canape; tintorie pei filati e per le stoffe.
STATO SANITARIO
Le condotte medico-chirurgiche in Val Camonica sono 26; 18 le farmacie.
Fra le malattie, in gennaio, febbraio e marzo, d’ordinario prevalgono le bronchiti, le pleuriti e le pneumoniti; talvolta congiunte a nota tifoidea, che le rende più maligne e mortali. Dopo la metà di giugno, in luglio e quasi tutto agosto, a cagione dei calori alternati colle frescure notturne, sono comuni le diarree e le dissenterie. Fra le malattie epidemiche, la febbre gastrico-tifoidea è la più frequente. Senza regole infestano la Valle di quando in quando, con maggiore o minore estensione, il vaiolo, cui si rimedia colla vaccinazione, il morbillo, la tosse ferina e più di rado la scarlattina.
Da alcuni anni s’introdusse fra noi anche la febbre migliare. Anche la scrofola e la rachitide, fedeli sorelle, ravvisansi rare, e si può dire isolate. Il colera-morbus non mancò di visitarci in tutte le sue escursioni.
ORIGINI
Ardua e malagevole impresa, incontrando gran varietà d’opinioni, è quella circa l’origine delle genti camune. Giriamo dunque di fianco al così intricato labirinto, e contentiamoci di sapere, che i primi nostri antenati, dei quali si conosca non già la storia ma almeno il nome, furono i Camuni.
Lo storico Polibio li dice forti ed agresti; Plinio racconta che erano della gente euganea, di cui Catone enumera 34 città, sparse fra il mare e le Alpi. Ma donde vennero? Come? Per quali vie? Tenebre e silenzio, o tutt’al più incerte e contradditorie induzioni. Certo è però, che gli abitatori della nostra valle risalgono a tempi antichissimi; e ne fan fede i “briccioli” di mattoni, che ci restano di edifici etruschi; le impronte figuline; i frantumi di creta.
Lo prova anche quella mistica Alantedoba, cui un Sesto Cornelio sciolse un voto, come si ha da un’iscrizione, trovata in Ossimo: divinità saturnia antichissima, il cui culto perdurò in alcuni luoghi della Valle sino al secolo VIII dell’era nostra.